Terza puntata sulla ricostruzione della travagliata storia del depuratore consortile di Levanto e Bonassola. Dopo aver parlato di finanziamenti, di valzer di incarichi e di curiose compravendite (prima puntata) e di avvio della progettazione e costi dell’opera (seconda puntata), questa volta l’attenzione si sposta sui permessi di costruire, sulla trasparenza amministrativa, sui documenti mancanti o negati e su un intervento politico “dall’alto”. Ricordando ancora una volta che tutto quello che viene scritto è basato su documenti: o pubblici, ricavati dai vari siti internet istituzionali, o in possesso di consiglieri comunali e/o di ex consiglieri, o da articoli di giornale.
L’area su cui oggi sorge il depuratore consortile di Levanto e Bonassola era classificato dal Piano di bacino in classe P3 (“suscettività al dissesto alta”, ovvero frana in movimento). Cioè non era possibile edificarvi sopra. Ma, in seguito all’acquisto dell’area da parte di Levanto Waterfront per la costruzione del primo lotto del fronte a mare, seguì una variazione al ribasso in classe P1 (“suscettività al dissesto bassa”). Cioè, con possibilità di edificare. Così un terreno non edificabile perché altamente franoso e pericoloso diventava edificabile. Tutto questo “in seguito alla bonifica e messa in sicurezza da parte della Comunità montana”, venne anni dopo spiegato dall’allora sindaco di Levanto, Maurizio Moggia (clicca qui). I lavori cosiddetti “di messa in sicurezza” sono ancora sotto gli occhi di tutti e consistono in una canalina di smaltimento delle acque piovane (che molti ancora credono sia una scalinata per passeggiarvi) e un paio di reti anti-frana.
Il progetto depuratore incorre subito in due ricorsi al TAR. Il primo venne intentato da uno studio di progettazione, presumendo che il vincitore del bando di gara non avesse i requisiti tecnici per partecipare al bando, oltre a un ribasso d’asta ritenuto eccessivo (-63 per cento, cioè essendo il prezzo base oltre 99 mila euro, il prezzo di assegnazione del progetto risultò di circa 37 mila euro); il secondo ricorso venne fatto invece da parte dei titolari del limitrofo albergo in proprietà a un istituto religioso che contestavano l’eccessiva vicinanza del depuratore al loro immobile (per legge la distanza tra un depuratore e i fabbricati residenziali non dovrebbe essere inferiore a 100 metri). Comunque si procede con la risoluzione dei ricorsi, incaricando prestigiosi studi legali che vengono profumatamente pagati. Con soldi pubblici, come sempre.
Permessi di costruire scaduti e rinnovati a tempo di record
Il 30 dicembre 2010 viene rilasciato un primo Permesso di costruire (n. 34/2010) (clicca qui), che inspiegabilmente viene però lasciato decadere per mancato inizio dei lavori.
Il 1° ottobre 2013 il dott. Ilario Agata inoltra domanda “(…) in qualità di presidente della Soc. Levante Sviluppo diretta ad ottenere il rinnovo del Permesso di Costruire N. 34 del 30/12/2010 (…)” e in solo 48 ore, cioè il 3 ottobre 2013, ottiene il rilascio di un nuovo “Permesso di Costruire n. 28 del 03/10/2013” (clicca qui). Nessun atto viene però pubblicato all’albo pretorio nei termini previsti dalle leggi in materia di trasparenza amministrativa. In ogni caso si poteva rilevare che questo nuovo progetto non era stato sottoposto alle valutazioni di carattere ambientale (VAS, Valutazione Ambientale Strategica, e VIA, Valutazione Impatto Ambientale) e che “l’Autorizzazione Paesaggistica rilasciata dalla Regione Liguria in data 07 ottobre 2010 prot. 2968” era decaduta in data 29 luglio 2011 a seguito dell’approvazione del Piano della Costa approvato dalla stessa Regione Liguria: “L’efficacia di ogni atto amministrativo e di governo deve essere conforme alle leggi vigenti al momento di emanazione dell’atto stesso”.
Ma non è finita, perché il 2 marzo 2015 viene rilasciato un terzo Permesso di costruire: “Variante a Permesso di costruire nr. 28 del 3/10/2013 per lavori in riduzione relativi a depuratore intercomunale”… (clicca qui). Si tratta di un semplice “avviso” e non del completo documento relativo al Permesso di costruire. E per di più con “lavori in riduzione”. Strano: di solito si parla di ampliamento dei volumi, difficilmente o quasi mai di riduzione. A meno che il progetto non fosse sbagliato. Sia come sia, sono rimasti sconosciuti sia la consistenza di tali lavori che – si presume – i relativi costi in diminuzione.
Torniamo indietro. Il 17 ottobre 2013, il Comitato Vallesanta, tramite i propri rappresentanti invia una diffida all’Amministrazione del Comune di Levanto nonché ai Dirigenti di Settore responsabili chiedendo di “procedere all’annullamento del Permesso di costruire n. 28 del 03/10/2013, in sub-ordine alla sospensione del titolo fino alla avvenuta regolare pubblicazione di tutti gli atti preliminari e conseguenti secondo le disposizioni di cui agli artt. 6, 38 e 39 del dlgs 33 del 14 marzo 2013”. Inoltre di “procedere alla regolare pubblicazione degli atti amministrativi e di governo secondo le disposizioni di cui al dlgs 33 del 14 marzo 2013 e legislazione collegata, in particolare sui disposti “Anticorruzione”; quindi di “procedere alla regolare pubblicazione delle informazioni ambientali secondo le disposizioni di cui all’art. 40 dlgs 33 del 14 marzo 2013”; e ancora di “procedere all’immediata verifica della legittimità operativa della società pubblica Levante Sviluppo S.p.A., con contestuale sospensione dell’attività operativa della medesima società nel percorso di accertamento”. Infine chiede di “predisporre gli eventuali atti sanzionatori anche in ordine all’art. 46 del dlgs 33 del 14 marzo 2013”. Il 12 novembre 2013 il Comune di Levanto invia al Comitato Vallesanta una nota di riscontro da cui sostanzialmente si rileva che non esistono obblighi in materia di trasparenza amministrativa in materia di lavori pubblici e che le pratiche edilizie sono regolari (clicca qui).
Il Comitato Vallesanta insiste e il 26 novembre 2013 rivolge istanza al “Segretario Comunale e Responsabile della Prevenzione alla Corruzione”, ricevendo come risposta che è impossibile avere la documentazione se non attraverso un formale processo di richiesta della documentazione. Domanda: perché tanta formalità sulla documentazione di un’opera pubblica che, in quanto tale, dovrebbe perciò essere nota e accessibile a ogni cittadino? (clicca qui)
Un’opera di “rilevantissimo interesse pubblico”
Il 21 gennaio 2014 il Comitato Vallesanta rivolge ancora un’ultima istanza al “Segretario comunale – Responsabile della prevenzione alla corruzione, nonché in materia di trasparenza per il Comune di Levanto”. Che però risponde che “(…) vale la pena richiamare il rilevantissimo interesse pubblico alla realizzazione dell’opera di cui sopra, a fronte del quale non sono quindi ravvisabili interessi idonei, anche solo in astratto, a prevalere in vista di ipotetici atti di annullamento d’ufficio invocati. Distinti saluti. (…)”. (clicca qui)
Ben diversa al riguardo è l’opinione sulla trasparenza amministrativa in materia di opere pubbliche espressa da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), che così risponde alla domanda: cosa possono fare i comuni cittadini? “Le democrazie che funzionano sono le democrazie in cui i cittadini controllano – spiega Cantone – e la corruzione non è un reato perfetto perché lascia sempre traccia”. E aggiunge: “Noi abbiamo gli strumenti della cosiddetta “amministrazione trasparente” che ci consentono di sapere cosa fanno i nostri enti pubblici: possiamo controllare come Comuni, Province e Regioni fanno gli appalti, quanto pagano, quante varianti ci sono, se guarda caso si usano sempre procedura fuori regola, le cosiddette procedure negoziate, se a vincere le gare sono sempre gli stessi soggetti. Serve un comitato civico che faccia da sentinella per vedere come funziona l’amministrazione. Forse al massimo si viene scambiati per rompiscatole quando si va a chiedere ragione, ma rappresenta il vero e grande strumento di controllo che si può fare nel pubblico. Si chiama controllo civico che è il vero controllo che funziona nelle democrazie”. (clicca qui)
Forte di questa convinzione, il Comitato Vallesanta decide allora di alzare il tiro e il 26 febbraio 2014 scrive una “Lettera aperta al presidente Burlando e al Consiglio regionale della Liguria” (clicca qui) esprimendo ancora una volta i numerosi dubbi sulla trasparenza nella realizzazione dell’opera, sui costi, sui permessi di costruire, e anche sulla rete fognaria “collassata, vetusta e assolutamente inadeguata”. Né il presidente, né la maggioranza in Regione e nemmeno l’opposizione si sono mai presi cura di rispondere.
Ma l’azione del Comitato non dev’essere passata inosservata a Genova. E c’è da supporre che vi sia stato un intervento dall’alto. Tanto che pochissimi giorni dopo, il 1° marzo 2014, l’allora sindaco Maurizio Moggia e l’allora presidente di Levante Sviluppo, Ilario Agata, indicono una conferenza stampa dove, con l’obiettivo di “dare un taglio alle polemiche”, parlano di “massima trasparenza” e mettono sotto accusa il Comitato Vallesanta, anche con ironia (clicca qui).
Ma il presidente Burlando va oltre e compie un gesto significativo: il 12 giugno di quello stesso 2014, in compagnia degli assessori regionali Enrico Vesco e Renzo Guccinelli, viene di persona a Levanto, dove l’allora sindaco Maurizio Moggia gli presenta le opere in corso di costruzione. E il governatore, sorridente e soddisfatto, lancia un messaggio forte e chiaro: “Il depuratore è un’opera fondamentale per la tutela dell’ambiente in una località di mare a grande vocazione turistica” (clicca qui). Come dire: basta diffide e proteste, ora in campo ci sono io. Sulla stampa non escono più notizie sul depuratore, se non due anni dopo per annunciare trionfalmente il suo completamento e l’inaugurazione, il 27 giugno 2016.
(3^ puntata. Continua)